Il seguente articolo è la traduzione del video YouTube disponibile al seguente link. Vi invitiamo a seguire Padre David Michael Moses e sostenerlo come potete.
Sono padre David Michael Moses, sacerdote cattolico, e vorrei condividere con voi due spunti che ho trovato particolarmente significativi. Anche se non siete sposati, penso possano offrire spunti di riflessione importanti.
Dove iniziano la maggior parte delle relazioni extraconiugali
Secondo i dati, l’85% delle relazioni extraconiugali nasce sul posto di lavoro. Una persona su cinque ammette di essere stata infedele con un collega. Un numero impressionante.
Questo dato fa riflettere: quando si tradisce con un collega, non si mette a rischio solo il matrimonio e la famiglia, ma anche il proprio lavoro. Creare dinamiche sentimentali all’interno di un ambiente lavorativo significa introdurre tensioni e conflitti che possono compromettere l’intero contesto.
Perché allora tanti rischiano? Forse perché nella società moderna abbiamo creato aspettative irrealistiche nei confronti del matrimonio: il coniuge deve essere al tempo stesso co-genitore, co-gestore della casa, sostenitore economico, amante sempre attraente e compagno di passioni e interessi. Nessun essere umano può portare un peso del genere da solo.
Così molte coppie si riducono a gestire soltanto l’organizzazione quotidiana – sport dei figli, bollette, faccende domestiche – senza più una missione comune. In questo vuoto, il lavoro diventa spesso il luogo dove nasce una condivisione di scopi, di obiettivi e di emozioni che danno senso e complicità. Non sorprende quindi che tante relazioni proibite nascano lì.
La prima lezione da trarre è chiara: il luogo di lavoro è un terreno rischioso, non un alibi per abbassare le difese. Anzi, richiede ancora più vigilanza e confini chiari.
Il matrimonio come missione condivisa
Un’altra osservazione importante è che molte coppie non vivono più il matrimonio come una missione comune. Eppure, per i cristiani, la famiglia è una vocazione: educare i figli alla santità, testimoniare l’amore fedele di Dio, preparare anime capaci di portare luce e verità nel mondo.
Quando manca questo scopo, diventa più facile lasciarsi coinvolgere in legami di complicità sul lavoro che soddisfano il bisogno umano di un progetto comune. Le persone si uniscono attorno a una missione – lo vediamo da sempre, persino in battaglia. Senza un progetto condiviso in famiglia, il rischio di cercarlo altrove diventa concreto.
I social come nuove “trappole”
Oltre al lavoro, oggi anche i social media alimentano infedeltà. Un avvocato divorzista raccontava che, se si volesse progettare una piattaforma perfetta per far nascere tradimenti, basterebbe costruire qualcosa di simile a Facebook o Instagram: un accesso costante alla vita intima degli altri, fatto di foto, commenti e messaggi privati. Da lì è facile che nascano legami e confidenze indebite.
A questo si aggiunge il tema della pornografia. Molti pensano che non sia “tradimento”, ma il Vangelo insegna che anche desiderare con il cuore è adulterio. Inoltre, l’abitudine alla pornografia può rendere più facile superare ulteriori confini fino a compromettere del tutto il matrimonio.
Qui emerge un principio fondamentale: la misura dell’amore è il sacrificio. Se non siamo disposti a rinunciare a certe app o a certi rapporti ambigui, allora forse non stiamo amando davvero.
Una prospettiva insolita sul divorzio
Passiamo ora al secondo video, riguardante il divorzio. Un pensiero che non avevo mai sentito espresso così chiaramente:
Un figlio di genitori divorziati cresce sapendo che un genitore ha scelto di andarsene. Questo introduce nella sua vita una consapevolezza nuova: “Se uno può andarsene, anche l’altro può farlo”. L’insicurezza diventa allora una costante.
Inoltre, il bambino può reagire in due modi:
- Vivere nel timore costante che anche il genitore rimasto lo abbandoni, diventando iper-dipendente e compiacente.
- Oppure interiorizzare l’idea di non meritare amore, sentendosi in colpa per la separazione.
In entrambi i casi, il figlio finisce per farsi carico di paure e responsabilità che non dovrebbero spettargli. Il matrimonio invece dovrebbe offrire stabilità, sicurezza e un’immagine concreta della fedeltà di Dio.
Quando un matrimonio si spezza, non viene solo ferita l’idea di famiglia, ma anche – spesso – l’immagine stessa di Dio nel cuore del figlio: “Se i miei genitori possono lasciarmi, forse anche Dio lo farà”. È una ferita spirituale profonda.
La forza di una base sicura
Molti adulti che hanno avuto genitori presenti raccontano la serenità di sapere che, anche fallendo, ci sarebbe stato sempre un appoggio solido ad accoglierli. Questa sicurezza permette di crescere liberi, di rischiare, di costruire.
Per questo, anche nelle difficoltà matrimoniali, vale la pena non arrendersi, ricostruire una missione comune e ritrovare il senso di ciò che si è chiamati a essere insieme. Non solo per sé stessi, ma soprattutto per i figli e per il bene che quella famiglia può portare al mondo.




Ho un’amica figlia di divorziati. Non ci sono stati tradimenti e lei e’ rimasta col genitore che ha lasciato. C’è una ferita che resta e nn si sanerà mai in tutti i figli di divorziati. E’ una cicatrice che sanguinerà’ continuamente. Ha accettato tutto ciò che e’ venuto dopo, nuovi compagni e compagne, sorelle (che adora)… ma i figli dovrebbero crescere vedendo due genitori che sono complici, alleati, amorosi l’uno con l’altro. Da dove passa il diavolo? Dalle ferite. Ecco perché sta generando una società di persone ferite…
E’ proprio vero, grazie per questo commento e questa testimonianza.