Salvatore Esposito
Riguardo a ciò che sta accadendo nel Regno Unito e anche in parte dell’UE, vorrei condividere alcune riflessioni di cui ho discusso di recente con un amico e che ritengo molto rilevanti, visti gli sviluppi attuali.
Purtroppo, ciò a cui stiamo assistendo oggi non è altro che un sabotaggio identitario. La perdita della religione ha inevitabilmente significato la perdita dell’identità culturale. La parola stessa “cultura” deriva dal latino “cultura”, che deriva da cultus, che letteralmente significava “adorazione” o “riverenza religiosa”. Cicerone parlava già di “cultura animi”, la coltivazione dell’anima, a dimostrazione di quanto profondamente cultura e fede fossero un tempo unite. Non si possono separare. Storicamente, ogni civiltà è nata da un nucleo religioso. Christopher Dawson lo ha scritto chiaramente in “Religion and the Rise of Western Culture”: quando la religione muore, la cultura muore con essa.
E questo è esattamente ciò che è accaduto in gran parte d’Europa e nel Regno Unito. La secolarizzazione dell’ultimo secolo ha svuotato le chiese, ma ha anche svuotato i cuori. La partecipazione della Chiesa d’Inghilterra è scesa da oltre 1,6 milioni negli anni ’60 a meno di 700.000 oggi. La perdita della fede ha significato la perdita degli stessi valori, costumi e bussola morale che un tempo definivano l’identità britannica ed europea.
Se vogliamo ripristinare forza, unità e resistenza contro il vuoto ideologico e religioso che ora viene colmato soprattutto dall’Islam, l’unica via da seguire è tornare alle nostre origini: la fede cattolica. L’Europa ha già combattuto e vinto contro l’Islam prima nella Battaglia di Tours, nella Reconquista, nella Battaglia di Lepanto e nell’Assedio di Vienna. Ognuna di queste vittorie non è stata solo politica, ma spirituale: la posta in gioco era la difesa della cristianità.
L’Islam è forte perché dogmatico e immutabile. L’unica istituzione in Occidente che ha ancora un sistema di fede fisso, coerente e ininterrotto è la Chiesa cattolica. Dal primo secolo fino ad oggi, ha mantenuto lo stesso Credo e la stessa Tradizione Apostolica. Persino San Giovanni Damasceno, nell’VIII secolo, descriveva già l’Islam come un’eresia cristiana, una deviazione dalla verità su Cristo.
Nessuna confessione protestante ha un tale livello di continuità: tutte, in un modo o nell’altro, hanno rotto con la Chiesa primitiva e i suoi insegnamenti originali. Il risultato è la frammentazione che ha portato alla formazione di oltre 30.000 gruppi protestanti in tutto il mondo, ognuno dei quali interpreta le Scritture in modo diverso. Una religione che cambia costantemente le sue dottrine non può sostenere una civiltà: col tempo, ne cambierà la morale, le leggi e, infine, la cultura.
Questo è esattamente ciò a cui assistiamo oggi. Quando si perde stabilità dottrinale, si perde chiarezza morale. Alasdair MacIntyre lo definì “il crollo del consenso morale”: le società che abbandonano la loro fede fondamentale scivolano inevitabilmente nel relativismo, pensando che “diverso” sia sempre meglio di “vero”.
I protestanti, rifiutando la Chiesa che ha costruito il cristianesimo, hanno indirettamente rifiutato i loro antenati culturali. La Riforma inglese ha distrutto non solo gli altari, ma l’anima di una nazione. La dissoluzione dei monasteri sotto Enrico VIII cancellò secoli di istruzione, beneficenza, arte e formazione morale. Eamon Duffy, in “The Stripping of the Altars”, dimostrò che l’Inghilterra pre-Riforma era profondamente cattolica, vibrante, unita e piena di significato. Quell’identità fu lacerata e il vuoto spirituale che ne seguì fu colmato prima dal razionalismo, poi dal consumismo e ora dalla confusione.
Tutto è connesso. La storia mostra un chiaro schema: l’Europa si secolarizzò dopo il 1789, dopo il 1870, e dopo il 1968, e seguì un declino morale e demografico. Le nazioni che un tempo costruivano cattedrali, università e ospedali ispirate dalla fede cristiana, ora faticano persino a definire cosa siano una famiglia o un uomo.
La fede cattolica nei tempi passati ha plasmato la nostra morale, i nostri costumi e il nostro senso di comunità. Ha costruito le università di Bologna, Parigi e Oxford. Ha creato il concetto stesso di legge e diritti, come dimostrato da Harold Berman in “Law and Revolution”. I monasteri hanno preservato la conoscenza, l’alfabetizzazione e l’agricoltura durante i secoli più bui. Tutta la nostra civiltà – arte, architettura, filosofia, diritto – è nata da quella fede.
Quando si rifiuta la fonte di quella solidità, è solo questione di tempo prima che la propria identità nazionale venga rimodellata da qualsiasi nuova ideologia o religione si presenti con maggiore convinzione. L’Europa non ha bisogno di qualcosa di “nuovo”. Ha bisogno di ricordare chi è per tornare alle radici che un tempo la rendevano forte, unita e veramente libera.



