Entrando in una qualsiasi libreria, si può con piacere notare, il gran numero di pubblicazioni che trattano del corpo. Trattasi di volumi che si occupano dell’argomento da un punto di vista antropologico/teologico, ma anche la psicologia e la psicanalisi dà il suo contributo. Un buon inquisitore è sempre aggiornato sulle ultime uscite. Mi sono imbattuto in un libro che ha il seguente titolo: “C’era una volta il corpo”11. Si parla di un corpo diventato estensione controllata e ipertecnologica, di un corpo frutto di intelligenze artificiali e di un corpo che si sottrae all’esistenza. È un tema classico (almeno sotto il profilo estetico), che ci fa ricordare il tempo della grecità/romanità. Dicevo che è un piacere, notare tale interesse della riflessione contemporanea sul corpo/corporeità. Ma perché dico questo? Perché trovo che sia un desiderio di onorare e celebrare “implicitamente” il grande contenuto della celebrazione del natale cristiano. Ma abbiamo mai pensato alla portata dell’evento dell’incarnazione del Cristo? In definitiva di cosa parliamo quando anche noi cristiani ci prepariamo al Natale? «E il Verbo si fece carne (σὰρξsarx in greco)» (Gv 1,14a). Il Verbo (λόγος in greco), ovvero la Parola si è fatta carne, potremmo anche dire si è fatta corpo: il corpo di un bambino. Forse non ci pensiamo mai abbastanza, perché abbiamo sempre davanti agli occhi i gesti e le parole degli anni della vita pubblica di Gesù, ma Egli si è manifestato nel corpo (come il nostro). Ha assunto la forma embrionale, poi di un feto, che si è sviluppato ed è venuto al mondo dopo circa nove mesi, come bambino. È che cos’ha fatto questo infante divino? L’attività che maggiormente ha occupato i suoi primi anni di vita è stata quella di dormire. Un neonato dorme dalle 14 alle 17 ore al giorno. Dai quattro agli undici mesi di vita, dalle 12 alle 15 ore; fino a tre anni, circa 14 ore. Così si è presentato al mondo il Figlio di Dio: ha cominciato a salvarci dormendo gran parte del tempo. Oserei dire che il Cristo ha iniziato la sua opera di redenzione nel silenzio del grembo materno di Maria, ricevendo tutto ciò di cui aveva bisogno dalla Madre all’interno del sacco amniotico. Dio è venuto a salvare il nostro corpo mortale con il suo corpo. Ecco perché mi sembra bello definire il Natale come la festa del Corpo!
Egli ha iniziato quest’opera di salvezza fin dal grembo verginale di Maria. Quando diciamo corpo, facciamo riferimento all’interezza della persona umana, diciamo tutto l’uomo! Facciamo riferimento al cuore dell’uomo! Sarà Natale cristiano (ancor meglio, Cattolico!) se accoglieremo il Cristo che viene ad unificare interiormente la nostra vita. In fondo che cos’è il cuore? «Si tratta di una parola importante per la filosofia e la teologia, che aspirano a raggiungere una sintesi complessiva. Infatti, la parola “cuore” non può essere spiegata in modo esaustivo dalla biologia, dalla psicologia, dall’antropologia o da qualsiasi scienza» (Dilexit nos, n.15).
Un teologo del Novecento direbbe che la parola cuore è una di quelle parole originarie «che indicano la realtà che spetta all’uomo tutt’intero in quanto persona corporea e spirituale»2. Cristo e il cristianesimo dicono tutto dell’uomo, anche ciò che le diverse scienze così frammentate non riescono più a cogliere. Ecco che, come spiega bene Papa Francesco il cuore dell’uomo deve divenire un centro “unificatore” dei nostri pensieri, desideri, affetti, sentimenti ed emozioni. Il Signore – bambino, viene a unificarci interiormente e sanare le nostre divisioni, cacciando l’usurpatore, il nemico del tempio del nostro corpo (Cf. 1Cor 6,19), ovviamente, con la nostra collaborazione. Egli vuole renderci “bambini” (come la Speranza bambina di C. Péguy) , docili alla sua opera sanante, per condurci alla pienezza della nostra umanità. Come bravi bimbi, facciamoci portare dal Signore, dal Re -bambino, dalla Speranza, così non saremo più fanciulli nella fede, sballottati qua e là da un cuore
diviso, in balia di sentimenti tumultuosi (Cf Ef 4,14).
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