Un problema che qualche volta suscita degli interrogativi o delle posizioni insolite, anche all’interno del pensiero Cristiano, è il problema dell’inferno. Tale problema si pone in questi termini: l’inferno è lo stato definitivo di infelicità. È qualcosa di psicologicamente insopportabile. Noi facciamo fatica a pensare ad una condizione del genere; d’altra parte, cercheremmo di liberarci anche solo di questo pensiero. Ma siccome noi siamo di una scuola che vuole essere più teologica che non filosofica religiosa, dobbiamo interrogare il pensiero di Gesù. Gesù è chiarissimo su quella che è l’esistenza dell’inferno.
Io mi limito a citare due episodi. Ricordate la parabola del ricco e di Lazzaro, dove il ricco, stando tra i tormenti in basso – in basso, cioè all’inferno – si rivolge ad Abramo per cercare così un po’ di aiuto e Abramo gli risponde: guarda, non c’è niente da fare perché la situazione è ferma: tra noi e voi è stabilito un abisso, un abisso invalicabile. Ma poi, soprattutto, c’è il capitolo 25 di Matteo, dove effettivamente Gesù descrive l’inferno. Non è una parabola, è proprio una descrizione di come sarà nella sua sostanza.
Il giudizio che gli uomini riceveranno alla fine sarà una separazione. Tutta la pagina è piena dell’idea della separazione. Separerà le pecore dai capri, dice immaginoso, ovvero quelli che si sono comportati bene da quelli che si sono comportati male. Per quelli che si sono comportati male, le parole di Dio – di Gesù – sono tra le più severe, ma anche tra le più chiare che esistono in tutto il Vangelo: “Via lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli”. Via lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno. Non abbiamo nessun indizio, direi, per dire che queste parole non siano di Cristo. E nessuno le avrebbe mai messe in bocca a Cristo. Se le hanno riportate è perché le hanno sentite, poiché queste sono parole che difficilmente non susciterebbero delle difficoltà in chi le sente. ‘Via lontani da me, maledetti, nel fuoco eterno’ indica una separazione definitiva.
Allora, da un lato c’è la fede che esiste l’inferno perché ce l’ha detto Gesù. E io credo che questo, almeno metodologicamente, sia uno dei punti, forse l’unico punto, anzi, che mi preme portiate via da questi incontri, cioè che noi non dobbiamo dire qual è il nostro parere secondo le nostre inclinazioni, le nostre idee, i nostri desideri. Noi dobbiamo metterci alla scuola dell’unico maestro che è Cristo. Su questo è certissimo, l’inferno c’è.
Tuttavia, siccome un pensiero psicologicamente insopportabile che ci sia qualcuno in questo stato, ogni tanto all’interno della riflessione Cristiana, sorge qualche tentativo di “addomesticare” un po’ questa verità.
Si va dalla speranza rischiosa di Origene della apocatastasi universale, anche se poi quale sia stato il pensiero di Origene è difficile dirlo perché hanno pubblicato il suo libro prima che rispondesse per la pubblicazione.
Anche qualche teologo recente cerca di conciliare la verità di fede con la difficoltà psicologica e dice: “ma certo, l’inferno c’è perché l’ha detto il Signore, però non c’è dentro nessuno”.
E questa sarebbe una bella soluzione.
Con molta serenità, vediamo di valutare questa posizione. Si potrebbe dire che è possibile che non ci sia nessuno. Lasciamo da parte i demoni intanto, visto che non ci sono così vicini, forse ci tormentano un po’ meno il pensiero. Quindi, astrattamente parlando, una possibilità c’è. Intendo dire che non abbiamo questa conoscenza.
Ma possiamo veramente dire che non ci sia nessuno? Io credo che per poter dire che non ci sia nessuno si possono seguire due strade. La prima è una strada a posteriori, cioè uno ha fatto il “giro turistico” dell’aldilà, ha guardato dentro nell’inferno e l’ha trovato vuoto. Allora, se uno riesce a fare questo giro turistico e lo vede vuoto, può dire che l’inferno è vuoto. Oppure, l’altra strada è a priori, cioè si devono fare dei ragionamenti. Si potrebbe dire che no, non è vuoto, perché non si riesce a mettere d’accordo lo stato della dannazione con la bontà di Dio. Ma questo è un argomento a priori.
Dunque, l’argomento a posteriori è escluso dal fatto che nessuno ha fatto il giro turistico dell’aldilà. L’argomento a priori invece “prova un po’ troppo” perché, se voi riflettete, l’argomento a priori non prova solo che l’inferno è vuoto, ma prova anche che l’inferno non può esistere perché è incompatibile con la bontà di Dio, in sostanza. E quindi, alla fine, non si riesce a salvare un dato di fede e, direi, un’affermazione chiara di Gesù. Questa negazione di fatto, si riferisce alla possibilità stessa dell’esistenza dell’inferno e , se noi neghiamo la possibilità di questa esistenza, equivale a negare a priori che si possa mai dare il caso di una creatura che alla fine non scelga il bene. Il che significherebbe negare che ci sia una vera possibilità di scelta del suo destino da parte dell’uomo, e qui ritorniamo a un pensiero centrale dell’antropologia cristiana: la libertà dell’uomo.
In che cosa consiste nella sua essenza? La libertà dell’uomo non può ridursi alla possibilità che l’uomo ha di scegliere tra un luogo o l’altro di villeggiatura. L’uomo è libero perché può scegliere se andare al mare o andare in montagna. Questa non è la libertà che interessa a Dio. Non può ridursi neanche alla possibilità di scegliere una moglie o un’altra moglie, che certamente è una possibilità che c’è, ma anche questa non interessa molto Dio. O anche di scegliere o non scegliere un partito politico, oppure anche se mettere una cravatta a pois o una cravatta di tinta unica.
Se la libertà dell’uomo consistesse in queste scelte, non avrebbe nessun valore vero nel rapporto con Dio. Dio non se ne farebbe niente di creature libere che possono scegliere il colore della cravatta. Lui ha bisogno di uomini che possono rispondere al suo amore con altrettanto amore. Ma l’amore suppone che ci sia una libera decisione di amare. Altrimenti, saremmo come tutte le creature meccaniche che non hanno possibilità di scelta.
Quindi, la libertà dell’uomo consiste in questa stupenda e spaventosa prerogativa di poter costruire il nostro destino eterno. Questa è la libertà dell’uomo: poter scegliere il proprio destino. Allora, per non essere puramente nominale, questa prerogativa deve includere la concreta e reale possibilità di decidere per il no, sennò non sarebbe una vera e un’effettiva libertà.
In sostanza, la cosa veramente inarrivabile alla nostra mente, è l’esistenza della libertà creata. Come mai esistono delle creature che sono libere? Il mistero della dannazione è essenzialmente connesso col mistero della libertà, che forse è l’unico vero mistero dell’universo creato.
Questa è la croce che la filosofia è impotente a portare, ma a cui è stata conficcata, è stata crocifissa a questa croce la dottrina rivelata che ci obbliga a credere nella possibilità di dannazione.
Questo ci tengo a precisarlo in modo che la questione sia chiara in se stessa. Evita di darci qualche indicazione numerica circa i dannati. Non ci dice se sono tanti, non ci dice se sono pochi, non si dice se c’è qualcuno, non ci dice se non c’è nessuno. Però noi non possiamo, a un certo punto, afferire noi a priori che l’inferno sia vuoto perché equivarrebbe a dire che è impossibile l’esercizio sostanziale della libertà. Quindi affermare positivamente che l’inferno sia di fatto perfettamente vuoto (mi pare che Von Balthasar si era arrischiato in una espressione di questo genere) è un’asserzione infondata, incauta e superficiale. Cioè, io non dico che non corrisponde al vero, dico che non lo so e quindi non posso dirlo. Tra l’altro non c’è nessuna parola di Cristo sull’argomento che ci incoraggi a battere questa strada. Le parole di Cristo sono argomento per tutti in questo senso. State attenti a non caderci. Mi pare che fosse un po’ doveroso spiegarlo, perché ogni tanto salta fuori qualcuno che cerca di passare tra l’affermazione di Cristo che l’inferno c’è e il desiderio nostro che non ci sia nessuno. Tuttavia questa posizione non si sostiene razionalmente, poiché non è assolutamente giustificato così.
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