In questi giorni veniamo sommersi, attraverso i social e i vari mass media, da analisi, speculazioni, ipotesi sul conclave che attende la Chiesa. E non vi è dubbio che entro il 7 maggio si giungerà ad un livello di totale saturazione. Come sempre, quando ci si concentra compulsivamente su un tema, si tende a deviare, a divagare e ad appiattire la discussione su un piano meramente umano. Troppo umano. Non è un caso che i giornali parlino del Collegio cardinalizio con gli stessi toni con cui si parla del Parlamento italiano, utilizzando le categorie improprie di conservatorismo e progressismo, che derivano da un grezzo e banalizzante politichese. E non è un caso che addirittura i bookmakers si sbizzarriscano per stabilire le quote dei vari “papabili”, così come non è un caso anche la produzione di meme, un format comunicativo che garantisce un linguaggio certamente simpatico ma inevitabilmente dissacrante (nel senso pieno della parola), che fanno percepire, soprattutto ai più giovani, l’elezione del vicario di Cristo al pari di Sanremo o del Grande Fratello.
Insomma, siamo immersi nel conclave più mediatico della storia della Chiesa. E in questo contesto culturale, dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco. La sfida dei cattolici è quella di non lasciarsi trascinare dal flusso di informazioni e dalla deriva “pop” che tende a svuotare di ogni spiritualità anche le realtà più sacre dell’essere umano.
Illuminante è stata l’intervista pubblicata oggi del Corriere della Sera al 94enne Card. Camillo Ruini, che nonostante la veneranda età, dimostra di avere la lucidità necessaria per poter ancora formulare analisi di larghe vedute e per nulla banali.
In questa intervista, ha centrato il punto più dolente e tristemente innegabile. Parlando del funerale del Papa, ha affermato che «quello che non ha avuto abbastanza rilievo è che l’elemento centrale della Chiesa è Cristo, non il Papa. Altrimenti si apre un problema». Ha dunque chiarito il concetto facendo un paragone con le esequie di Giovanni Paolo II: «Alla morte di Wojtyla la gente urlava “santo subito”, mentre alla morte di Bergoglio ha urlato “grazie Francesco”. Ecco, se viene messa in ombra la dimensione trascendente non si rende un buon servizio alla Chiesa».
Qui giunge dunque spontanea una riflessione: che cosa stiamo aspettando da questo conclave? Un successore di Papa Francesco o un successore di Pietro? Non si tratta infatti di voler togliere meriti al defunto Santo Padre, ma di comprendere a fondo la natura teologica del papato.
Se noi crediamo (perché così è), che lo Spirito Santo dona alla Chiesa non il Papa migliore, bensì quello giusto per ciascun periodo storico, secondo quale logica noi pretendiamo che il Papa successivo segua la linea del precedente? È un condizionamento mentale che ci impedisce di innalzare a Dio una preghiera di supplica che sia sincera e incondizionata, e che vuole “legare le mani” allo Spirito Santo, la cui libertà di azione è (nonostante tutte le insufficienze e le ingerenze umane) totale.
C’è poi una dimensione profetica che è necessario considerare. Siamo infatti nell’anno del Giubileo, un anno di rinnovamento e di “pulizia generale” delle anime. La situazione geopolitica internazionale pullula di conflitti e attriti, con un riarmo generale e la stipulazione di alleanze politico-militari che vanno preparando un pericoloso scontro di (in)civiltà le cui pretese sembrano inconciliabili tra loro. La crisi spirituale emerge sempre più come il risultato di una vaporizzazione delle false certezze della civiltà edonistica e consumistica, la cui inconsistenza e incapacità di rispondere ai bisogni dell’uomo moderno si palesano sempre più. L’insieme di questi fattori forma un mosaico che può essere compreso solo facendo una onesta teologia della storia, ricordandoci che Dio è Signore del tempo, e che parla ai suoi figli attraverso gli eventi della storia. In maniera speciale negli ultimi due secoli, lo ha fatto mandando sua Madre Maria Santissima ad ammonirci e a richiamarci insistentemente alla conversione, a tornare a suo Figlio.
Tutti questi fenomeni si addensano, si intensificano e si intersecano sempre di più, man mano che vediamo profilarsi all’orizzonte il Grande Giubileo del 2000esimo anniversario della Redenzione (2033). Il cristiano non può liquidare la concomitanza di tutti questi fenomeni con la parola “caso”.
È dunque così fuori luogo pensare che il prossimo Papa sarà quel Papa che dovrà guidare la Chiesa nella traversata del Mar Rosso delle tribolazioni?
Preghiamo dunque che Pietro sappia pascere le pecorelle di Cristo in questo momento di Calvario che la sua Sposa è chiamata ad intraprendere.
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